Iniziativa Internazionale
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Colonia, 20 aprile 2005

INTERNATIONAL INITIATIVE BRIEFINGS:
La “Lex Öcalan” è un boomerang o nulla di nuovo dalla Turchia.

Di nuovo un problema per la Turchia: ancor prima che venga emessa la sentenza nel processo di revisione del caso da parte della Corte Europea per i Diritti Umani, sono già iniziate le discussioni in Turchia su come potrebbe essere evitato un nuovo processo contro il leader kurdo. Alla base di questa preoccupazione da parte turca vi è la generale convinzione che la Camera Alta della Corte Europea per i Diritti Umani confermi sostanzialmente la precedente sentenza. Già nel primo procedimento i giudici di Strasburgo hanno stabilito che il leader kurdo non è stato sottoposto a un corretto procedimento giudiziario da parte di un tribunale indipendente, che il suo diritto alla difesa è stato impedito e che ha subito un trattamento disumano, essendo stato condannato a morte. Qualora tale sentenza dovesse essere riconfermata, la Turchia si troverebbe di fronte ad un dilemma.

La Turchia, nell’ambito del processo di avvicinamento all’Unione Europea ha annunciato riforme giuridiche nel campo del diritto penale e la messa in atto delle norme giuridiche dell'Unione Europea nel proprio ambito nazionale. Al tempo stesso a tali norme si sono posti limiti mediante altre leggi interne, come è avvenuto riguardo al caso Öcalan: si è stabilito che non si deve tenere conto delle riforme giuridiche per i procedimenti giudiziali svoltisi fino al 2003. Così facendo, si esclude l'applicazione, riguardo al procedimento penale svoltosi in Turchia nei confronti di Abdullah Öcalan, delle riforme giuridiche. La ragione di tale esclusione è nel timore che il “nemico dello Stato turco” potrebbe approfittarne; per questa ragione la stampa turca che si occupa delle leggi di riforma parla di “Lex Öcalan”.

Quali sono i timori? Perché tale questione divide gli animi?

Non è la persona Öcalan che preoccupa; piuttosto vi è il fatto che la persona di Öcalan è messa in relazione con un conflitto ancora irrisolto. Appena si parla della Questione Kurda, in qualunque forma essa si presenti, suscita comunque nei signori di Ankara e tra le forze militari (sempre assai potenti in Turchia), reazioni istintive e meccanismi di difesa che agli Europei risultano difficili da comprendere. A dire il vero, questo atteggiamento ha poco di razionale. Gli sviluppi odierni in Turchia sembrano confermare tale impressione: un'ondata di nazionalismo si fa strada e da ogni parte vengono organizzate manifestazioni nazionalistiche; e le forze di opposizione, da qualunque parte esse provengano, vengono attaccate.

Il fattore scatenante è stata la presa di posizione da parte dello Stato Maggiore dell’esercito turco, dopo che nella città di Mersin, a margine della festa annuale del Newroz, due bambini kurdi e una bandiera turca sono stati scarantevati a terra. A seguito di questo evento i Kurdi sono stati considerati “cittadini turchi”, da condurre alla ragionevolezza. L’atmosfera di eccitazione nazionalistica si è indirizzata non solo contro i Kurdi. Sono stati colpiti anche giornalisti ed intellettuali. Lo scrittore turco Orhan Pamuk deve ora temere per la sua vita, solo perché in un'intervista ha espresso con coraggio il suo parere riguardo al conflitto turco-kurdo e al massacro degli Armeni, risalente al 1915. Vignettisti dei giornali devono pagare enormi somme di denaro, a titolo di risarcimento, perché i loro disegni sono sgraditi al primo ministro Erdogan. Intanto anche i diplomatici europei presenti in Turchia hanno registrato sconcertati tali eventi, e l’entusiasmo in loro per le riforme di Ankara si è chiaramente affievolito. D’altro canto ciò metterebbe in discussione la data del 3 ottobre 2005, quale data d’inizio dei colloqui negoziali per l’ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Vi è una ragione per questo: le riforme annunciate restano fuori dalla porta. Cambiamenti legislativi già decisi vengono solo parzialmente, oppure niente affatto, tradotti in realtà.

Organizzazioni internazionali per i diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch, registrano un crescente aumento delle violazioni dei diritti umani e fenomeni di ripresa del razzismo, in generale indirizzato contro i Kurdi.

Attualmente l’esercito turco ha in atto una vasta operazione militare nei territori kurdi, contro i ribelli. Aumentano le notizie di scontri, morti e feriti. Dovesse durare a lungo tale situazione, c’è da temere che essa possa poi sfuggire a ogni tipo di controllo.

Come si può allora inserire in questo contesto l’opzione di una revisione del procedimento contro Öcalan, che provoca tuttora accese discussioni?

Anche la sola idea di un processo pubblico è fonte di forte imbarazzo per coloro che preferirebbero far fuori definitivamente la Questione Kurda, per non parlare della polarizzazione dell’opinione pubblica: Öcalan per gli uni è un eroe e per gli altri il nemico numero uno dello stato. In un processo pubblico si dovrebbe parlare della guerra kurdo-turca e dell’atteggiamento dell’esercito turco; si tratterebbe allora di una questione politica, e molti non auspicano che ciò abbia luogo. Una cosa è già certa: anche se si voglia negare la Questione Kurda nelle alte sfere della politica, ciò tuttavia non può impedire che su altri piani, in altri luoghi, la Questione faccia breccia. Un nuovo procedimento potrebbe significare una svolta per entrambe le parti. I Kurdi sono pronti a questo. Spetta alla Turchia compiere il prossimo passo. In caso contrario sarà difficile per la Turchia giustificare le pretese di appartenenza all’Europa e di entrare a far parte dell'UE.