Iniziativa internazionale
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Colonia, 15. Giugno 2005

INTERNATIONAL INITIATIVE BRIEFINGS:
Il caso Öcalan come farsa– Il leader kurdo chiede un processo davanti ad una Corte internazionale.

Il 12 maggio scorso la Corte Europea di Giustizia per i Diritti Umani ha pronunciato la sentenza sul caso Öcalan. Il leader kurdo, si legge nella sentenza non ha avuto un processo corretto, il suo diritto alla difesa è stato limitato e a causa della proclamazione della sentenza di morte ha subito un trattamento disumano. I giudici di Strasburgo hanno confermato in sostanza la sentenza della precedente istanza. Nuovamente si raccomanda la Turchia di rifare il procedimento contro Öcalan. La Corte di Giustizia ha dato l’incarico di controllare l’effettiva attuazione delle sentenza al consiglio dei Ministri del consiglio d’Europa.

Gli avvocati di Öcalan hanno giudicato la sentenza nel complesso positiva. Tuttavia l’hanno ritenuto parzialmente insufficiente, poiché su di un punto fondamentale del reclamo, ossia sulle circostanze illegali del rapimento di Abdullah Öcalan, la Corte Europea non si è pronunciata. E questo è un punto di fondamentale importanza, visto che il trasferimento forzato di Öcalan, da parte dei servizi segreti americani, contrario ad ogni norma di diritto internazionale ha permesso la consegna del leader kurdo alla Turchia, fatto che ha portato al processo a scopo propagandistico, sull’isola prigione turca di Imrali, sul cui decorso i giudici di Strasburgo dovevano giudicare. Sono questioni controverse le circostanze del rapimento e le relative violazioni della legge.

Secondo l’opinione degli avvocati che hanno presentato rimostranza a riguardo, si ritiene che nella formulazione della sentenza non si abbia tenuto sufficientemente conto di tutto il complesso contesto sociale, che sta alla base del contestato procedimento contro Öcalan. E’ ammesso reclamo davanti alla Corte Europea di Giustizia solo come reclamo a livello individuale, ma c’è da chiedersi come sia possibile da un punto di vista giuridico il non considerare affatto il contesto politico e sociale. Certamente Öcalan è una singola persona ma al contempo egli è anche il prodotto di un conflitto, del quale, nel procedimento di Imrali è stato unilateralmente additato come personalmente responsabile.
Questo conflitto permane tuttora. Una soluzione non appare all’orizzonte; piuttosto esso si muove nella direzione di una nuova ripresa. Quotidianamente i media ci fanno sapere di scontri tra l’esercito turco e la guerriglia kurda. Il numero dei caduti e dei feriti è in costante aumento. Nonostante la dichiarata volontà di riappacificazione da parte kurda ( ha proposto una ulteriore tregua, a patto che l’esercito turco sia pronto a trattare e si pronunci per un armistizio) il governo e l’esercito turco continuano ad essere per l’opzione militare. Pare vicina la ripresa della guerra.
I militari che continuano ad avere un ruolo predominante in Turchia non sono stati molto soddisfatti della sentenza pronunciata dalla Corte Europea di Giustizia. Alti ufficiali hanno escluso categoricamente una riapertura del processo Öcalan.Il comandante dell’esercito turco Buyükkanit ha affermato che non si deve tollerare un affronto simile, perché è un parte in conflitto. E allora cosa è Abdullah Öcalan? Egli, non è allora una parte in conflitto, in qualità di prestigioso rappresentante del suo popolo? Controversa è la questione che lo si possa definire prigioniero di guerra. Senz’altro è da ritenersi un prigioniero politico. La Corte Europea di Giustizia per i Diritti Umani, nel pronunciare la sentenza, è arrivata alla conclusione che una ripresa del processo Öcalan sia la soluzione migliore. A parte il fatto che un nuovo procedimento possa solo limitatamente contribuire ad una soluzione del conflitto, c’è da dubitare che sia affatto possibile in Turchia un corretto procedimento contro Öcalan. La Turchia è ben lontana da una condizione di Stato di diritto. Tuttora vale la concezione che lo Stato debba proteggersi dai suoi cittadini, quando dovrebbe valere l’opposto. L’onnipotenza dell’apparato militare turco, l’arbitrio delle autorità turche e le corti solo parzialmente indipendenti sono l’espressione più evidente di questa situazione. Le affermazioni di importanti politici turchi, secondo le quali un nuovo processo non porterebbe ad un cambiamento della sentenza, alimentano questa valutazione. Il nuovo codice penale turco, che originariamente era stato pensato come una riforma sulla strada verso l’Europa, rafforza la preoccupazione sopra citata. In modo particolare vengono limitati i diritti degli avvocati e di chi rappresenta i media. E così anche gli avvocati di Abdullah Öcalan. Già prima con delle terribili accuse dovevano temere la persecuzione da parte dello Stato. Basta una disattenta affermazione sul proprio cliente per venire sollevato dall’incarico da parte della corte. Lo stesso Öcalan si è potuto esprimere solo molto più tardi sulla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani , poiché ai suoi avvocati,è stata negata senza nessuna spiegazione per oltre tre settimane di fargli visita. La visita di una settimana fa dei suoi avvocati, è stata accompagnata da un rappresentante del Pubblico Ministero, il quale ha registrato l’intera conversazione con gli avvocati, senza tenere conto delle proteste di Öcalan e dei suoi avvocati. Gli avvocati del leader kurdo hanno annunciato che non più sono disposti ad essere strumento di una farsa e pertanto su espresso desiderio del loro cliente interrompono le visite fino a nuovo ordine. In base alla dichiarazione dei suoi avvocati Öcalan non intravede in Turchia le condizioni per un corretto procedimento nei suoi confronti. Egli può dichiararsi d’accordo solo in un procedimento che vede coinvolto tutte le parti interessate al conflitto. E certamente non c’è da aspettarsi in Turchia una cosa del genere. Solo un processo davanti ad una corte internazionale è in grado di garantire un corretto rocedimento. Si dovrà vedere, in che misura lo si possa realizzare dal punto di vista giuridico. In fin dei conti ciò ha a che fare con la volontà politica della comunità degli Stati e contribuirà alla soluzione della questione kurda. E’ certamente diventato un fatto manifesto che il diritto non è in grado di prendere il posto della politica come lo si può vedere nella sentenza nel caso Öcalan della Corte Europea di Giustizia. Si chiede alla comunità internazionale degli Stati che solleciti la Turchia verso un atteggiamento costruttivo nei confronti della questione kurda. I morti negli ultimi giorni hanno ad ogni modo fatto capire che la questione non si risolve da sola. Urgono sforzi internazionali e pressione politica per arrivare ad una soluzione del conflitto. La soluzione della questione kurda deve diventare un criterio per l’ammissione della Turchia nella EU. E il caso Öcalan fa parte di questo. Un procedimento davanti ad una Corte internazionale che prenda in considerazione i retroscena del conflitto, sarebbe un grosso contributo alla soluzione del conflitto.