Iniziativa internazionale
Libertà per Abdullah Öcalan - Pace in Kurdistan
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14 febbraio 2003
International Initiative Briefings:
Guerra o pace, dipende dalla Turchia
· 4 anni dal rapimento di Abdullah Öcalan !
· Il leader dei curdi da 12 settimane completamente isolato
dal mondo esterno!
· Il KADEK dichiara la guerra di difesa!
Il 15 Febbraio 1999 il presidente del PKK fu portato dal Kenia
in Turchia, come conseguenza di una odissea durata una settimana
tra Damasco, Mosca, Atene, Roma- conclusione criminale di un atto
piratesco contrario ad ogni norma di diritto internazionale, con
il decisivo appoggio della CIA, del MIT e del Mossad. L'Europa manifestava
con ciò un crollo totale della sua cultura del diritto. Nessun
governo si è dimostrato disposto ad ascoltare il messaggio
di Öcalan, che la questione curda venga risolta per via democratica,
come se ciò non riguardasse l'Europa. Non gli fu concessa
nemmeno la difesa della sua posizione davanti ad un tribunale internazionale.
Per paura hanno consegnato Öcalan alla Turchia; si sarebbe
potuto svelare davanti all'opinione pubblica mondiale la decennale
complicità con i loro alleati NATO e il suo apparato d'annientamento
contro i curdi.
Il 15 febbraio 1999 fu anche l'inizio di un processo politico,
che tutti gli interessati sino ad allora, non avrebbero ritenuto
possibile. I timori, che questo atto internazionale di pirateria
facesse inasprire il conflitto turco-curdo si sono dimostrati immotivati.
In prima istanza si è debitori della rinnovata offerta di
pace di Abdullah Öcalan. Il cessare della lotta armata, il
ritiro delle forze armate su territori al di fuori della Turchia
e l'ammissione di voler ricercare esclusivamente la soluzione della
questione curda per via politica , avevano creato un clima politico
di relativa distensione.
Non c'è più traccia di questa distensione. A stento
percepito dalla opinione pubblica internazionale il conflitto turco-curdo
va nella direzione di una rinnovata recrudescenza. Lo si può
vedere attualmente in modo più evidente dalle condizioni
detentive di Öcalan. Da quasi tre mesi gli avvocati di Öcalan
non ricevono notizie dirette dal loro assistito. La vita del leader
curdo appare in pericolo. I curdi sono più che preoccupati.
E si sta delineando un ulteriore inasprimento della situazione.
Allo stesso tempo vi sono scontri tra l'esercito turco e le forze
di difesa curda, nei quali numerose persone perdono la vita.
I tempi sono maturi per la Turchia. All'ombra di una guerra sempre
più probabile in Iraq, una contemporanea recrudescenza del
conflitto turco-curdo provocherebbe poche reazioni. La partecipazione
della Turchia sul campo di battaglia in Irak è cosa fatta;
lo stesso parlamento turco ha concesso la sua approvazione. L'avanzata
di corpi militari turchi al confine con l'Iraq e una rafforzata
presenza dei soldati turchi, già presenti nel Sud del Kurdistan
( Nord-Irak) è un segno evidente. Non si esclude una duratura
occupazione di quel territorio, d'accordo con l'idea americana di
un riordino nell'area.
Eventuali aspirazioni curde in quella zona potrebbero eventualmente
essere tenute in considerazione dalle forze "d'ordine"
americane per assicurarsi quel territorio ricco di petrolio intorno
a Mossul e Kirkuk.
Intanto il KADEK ha lasciato intendere che gli attacchi turchi
non vanno considerati come innocui, bensì vanno considerati
come una vera dichiarazione di guerra, alla quale va data una risposta
adeguata. Su questo si fonda il diritto di autodifesa. Le conseguenze
di una ripresa della guerra non sono calcolabili.
In particolar modo in Germania regna la falsa idea che la guerra
sia finita, siano stati risolti tutti i problemi. Troppo spesso
la disponibilità alle trattative viene vista come una debolezza.
In questo modo si spreca un'enorme possibilità di soluzione
pacifica del conflitto turco-curdo. Le conseguenze di ciò
potranno essere visibili in diversi modi anche in Europa. Permane
la possibilità della trattativa. Una politica fondata sull'ignoranza
e sulla dimenticanza non porta da nessuna parte, serve solo a preservare
insistentemente i propri interessi.
Gli Usa sono risoluti nel perseguire i loro obiettivi per un nuovo
ordine in Medioriente. La guerra in Irak, sempre più verosimile
sarà dunque solo l'inizio, nel cui proseguo prima o poi dovrà
essere posta obbligatoriamente all'ordine del giorno, in un modo
o nell'altro, la questione curda. Ancora domina l'idea che la questione
curda sia limitata esclusivamente ai territori autonomi del Sud
del Kurdistan( Nord-Iraq). La questione curda, che potrà
giungere a una soluzione realistica solo nel complessivo contesto
di una democratizzazione dei regimi ultra-reazionari del Medioriente.
Una ripresa della guerra in Turchia lo renderebbe, per molti anni,
impossibile e porterebbe ad una ulteriore destabilizzazione della
regione.
Ancora una volta viene messa in gioco la carta turca per gli interessi
superiori dalle potenze esterne, ma proprio questo gioco impedisce
una reale democratizzazione. Divisioni e dominio sono qui diventati
un sistema, per assicurare l'accesso del mercato mondiale alle risorse
del suolo e del sottosuolo di questa regione. Con l'ulteriore mantenimento
di questo sistema cresce il pericolo di una reazione, come ha tristemente
testimoniato l'11 settembre del 2001.
Un cambio di mentalità è più che necessario.
Solo così si potrebbero garantire stabilità e sicurezza.
La comunità degli Stati europei è nella condizione
di poter superare le proprie momentanee debolezze verso una politica
estera comune assumendo un atteggiamento costruttivo proprio nei
confronti della questione curda. Il solo riporre fiducia da parte
degli europei sull'efficacia dei criteri stabiliti a Copenhagen
per l'ingresso nell'Unione (possibile processo di democratizzazione
in Turchia) si sono sinora rivelati non sufficienti, in considerazione
degli straordinari eventi in un' epoca di grandi mutamenti. Solo
il ruolo chiaramente più attivo dell'Unione europea può
portare ad un cambiamento reale a lungo termine.
A questo proposito si potrebbe intervenire, nel breve termine,
sulla questione spinosa delle condizioni di isolamento del leader
curdo Öcalan. La Turchia in qualità di Stato candidato
ad entrare nell'Unione europea è tenuta a rispettare la Convenzione
europea per i diritti umani. Un miglioramento delle condizioni di
prigionia di Öcalan e un controllo indipendente fatto dalle
istituzioni internazionali contribuirebbe non poco ad alleggerire
il conflitto. La Turchia deve trasformare in prassi le affermazioni
fatte in merito alla situazione sei diritti umani.
Chiaro è tuttavia che Abdullah Öcalan, anche dopo il
suo imprigionamento, per la gran parte della popolazione curda rimane
il leader indiscusso. Gli ultimi 4 anni hanno mostrato come lui
svolga un'importante funzione per la ricerca di una soluzione pacifica
del conflitto. E' realistico ritenere che la soluzione della questione
curda in Turchia sia strettamente legata al destino del leader curdo.
Pace o guerra, dipende dalla Turchia. Per questo motivo l'Unione
europea deve esercitare una pressione sulla Turchia. La richiesta
di liberazione di Öcalan potrebbe apparire attualmente poco
realistica, ma è assolutamente pensabile nell'ambito di una
soluzione della questione curda. Un sano e realistico senso politico
non può non tener conto di questa legittima richiesta.
LIBERTA' per ABDULLAH ÖCALAN! PACE in KURDISTAN! FINE DELL'OSOLAMENTO
TOTALE!
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