Iniziativa internazionale
Libertà per Abdullah Öcalan - Pace in Kurdistan
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INTERNATIONAL INITIATIVE BRIEFINGS:
La questione curda e il diritto europeo-
ultimo atto nel processo Ocalan
Il 7. Giugno del 2004, davanti alla corte di giustizia europea
per i diritti umani, inizia il processo di revisione sul caso Ocalan.
Dopo tre anni di continui dibattimenti, la corte europea di giustizia
ha pronunciato il 13 Marzo del 2003 la sentenza del ricorso di Abdullah
Ocalan contro la Turchia.
In questa sentenza si sostiene che il leader curdo non ha avuto
un processo corretto da una corte autonoma nel giudizio( vedi la
presenza di giudici militari), il suo diritto alla difesa sarebbe
stato leso e ha subito un trattamento disumano con la sua condanna
a morte.
Questa constatazione della corte di giustizia è stata valutata
dagli avvocati di Ocalan assolutamente positiva, anche se decisamente
insufficiente. Essi hanno chiesto la revisione del processo.
Anche la Turchia non si è dichiarata soddisfatta e pertanto
anch'essa si è pronunciata per una revisione.
Quali sono le cause pei i quali non si è d'accordo sulla
sentenza del ricorso?
Per gli avvocati di Ocalan non è stato tenuto contro della
violazione dell'articolo 5 della convenzione europea per i diritti
umani. Tale violazione si è manifestata chiaramente nel rapimento
di Ocalan del 15 febbraio 1999 a Nairobi in Kenia, che nega ogni
norma del diritto.
Secondo gli avvocati di Ocalan la corte avrebbe dovuto occuparsi
anche delle circostanze del trasferimento forzato di Ocalan dal
Kenia in Turchia, fatto questo che è stato completamente
ignorato.
Un rifiuto di una indagine in tal senso si opporrebbe al comune
senso del diritto.
Un altro punto in questione sarebbe stato quello della pena di morte.
Essa è stata sì abolita, ma Abdullah Ocalan è
sottoposto, da quando è stato trasferito nella prigione-
isola turca di Imrali ad un regime di totale isolamento, fatto questo
che rappresenta una violazione al divieto di tortura.
A riguardo la camera piccola della corte europea di giustizia non
ha assunto una posizione univoca.
La Turchia, da parte sua si oppone alla constatazione della corte.Il
processo Ocalan della Corte Europea non è un processo di
uno Stato di diritto.
Con questa constatazione è emerso chiaramente lo status giuridico
di Ocalan. Egli è un prigioniero politico, che è finito
in prigione a causa di un conflitto non ancora risolto.
La Turchia vorrebbe evitare la possibilità di una tale interpretazione.
Adesso tutto questo va di nuovo dibattuto.
Il 9 giugno 2004 inizia il processo di revisione davanti alla camera
grande della Corte Europea di Strasburgo per i Diritti Umani.
19 giudici dovranno decidere sugli argomenti impugnati.
Cosa gli aspettano gli avvocati di Ocalan?
In una presa di posizione davanti all'ufficio di coordinamento dell'Iniziativa
Internazionale essi hanno fatto capire chiaramente, che è
priorità assoluta il fatto che il trasferimento forzato (dal
Kenia in Turchia) venga ritenuto un atto illegale.
A riguardo deve esser sentito personalmente anche il condannato.
Non fa differenza se questo avviene ad Imrali oppure tramite videoconferenza.
Inoltre essi si aspettano una ulteriore conferma del fatto che,
il processo contro Ocalan non è stato corretto, e che vengano
abolite le condizioni di detenzione in isolamento come violazione
della Convenzione europea per i Diritti Umani, come pure il ritiro
di tutte le misure discriminanti nei confronti di Abdullah Ocalan.
Gli avvocati di Ocalan si auspicano anche che la Corte possa più
che in passato tenere in considerazione lo sfondo politico del processo,
ossia che Ocalan è un prodotto di un conflitto, per il quale
non è l'unico responsabile.
Nell'ambito della ricerca di una soluzione accettabile tra le parti
in causa nel processo deve avere la sua voce anche la questione
curda e la sua soluzione per via democratica, altrimenti non si
vede come si possa pervenire ad un buon accordo.
Si vedrà il 9 giugno in che misura il diritto europeo possa
contribuire ad una soluzione della questione curda. Migliaia di
procedimenti contro la Turchia, nei quali il più delle volte
essaè stata condannata per avere violato i diritti umani,
mostrano che non siamo qui in presenza di una questione che si possa
isolare dalle altre. La Corte di giustizia europea per Diritti Umani
non può distaccarsi da questo ambito. Essa difende i diritti
dei singoli cittadini contro lo Stato di provenienza.
Anche se in fin dei conti i conflitti dentro uno Stato hanno una
componente specifica, tuttavia questo non esclude il contesto causale.
In riferimento alla irrisolta questione curda è almeno da
attendersi dalla Corte Europea per i Diritti Umani che tenga conto
di questa realtà. Se non fosse così verrebbe meno
la sua missione di difendere il diritto europeo.
Già da ora è una cosa certa che la Turchia ha ancora
davanti a se una lunga strada da ricoprire per arrivare ad una vera
democrazia.
Gli inni di lode di alcuni strateghi della Comunità Europea
in riferimento alle riforme in Turchia, pronunciati in relazione
ai propri interessi economici, non cambieranno nulla, poiché
senza una soluzione della questione curda non vi sarà una
Turchia democratica e una Turchia non democratica deve essere esclusa
come membro della Comunità Europea.
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